Se nel precedente articolo si sono delineati i benefici dell’attività fisica sul tessuto maggiormente coinvolto durante l’esercizio, vediamo ora quali sono i molteplici vantaggi che comporta a livello sistemico, soprattutto nella prevenzione delle patologie metaboliche.
Cenni fisiopatologici delle malattie metaboliche
L’insulino resistenza, ovvero l’incapacità dell’insulina di stimolare efficacemente l’ingresso di glucosio nei vari tessuti, ridurre la produzione di glucosio epatica e ridurre la lipolisi negli adipociti, è il primo step del decorso verso il diabete di tipo 2. L’insulino resistenza non contribuisce solo all’iperglicemia, ma anche a un accumulo inappropriato di grasso ectopico a livello epatico (steatosi epatica)1.
L’insulino resistenza riduce la flessibilità metabolica, ovvero la capacità del nostro organismo di utilizzare diversi substrati energetici a seconda della loro disponibilità2. L’infiammazione, lo stress ossidativo e lo stress del reticolo endoplasmatico sono stati anch’essi correlati a una disfunzione metabolica in quanto possono causare alterazioni delle cascate del segnale che impattano le vie molecolari del signaling insulinico nei vari tessuti.
Il risultato sono alterazioni tissuto specifiche e alterazioni sistemiche che, quando correlate a un bilancio energetico positivo, possono condurre a NAFLD (Non-Alcoholic Fatty Liver Diseas, ovvero steatosi epatica non alcolica) e diabete di tipo 23.
L’esercizio e la prevenzione delle patologie metaboliche
È solo da pochi anni che la comunità scientifica ha riconosciuto i molteplici benefici dell’esercizio fisico sulla prevenzione e il trattamento delle patologie metaboliche, provando la sua superiore efficacia rispetto ad alcune tipologie di farmaci. Il diabete di tipo 2 e la NAFLD sono le due patologie metaboliche principali, la cui prevalenza sta aumentando sempre più nella popolazione e che potrebbe essere contenuta con attività fisica regolare.
Prevenzione del diabete di tipo 2
Si è visto che circa 150 minuti a settimana di attività fisica moderata possono ridurre il rischio di diabete di tipo 2 del 30%4.
Diversi studi hanno anche dimostrato che il raggiungimento e il mantenimento di una soglia di fitness cardiorespiratoria (ovvero la massima capacità aerobica, nota anche come VO2 max) di circa 9-10 METs riduce il rischio di insorgenza di diabete di tipo 25.
Il MET è il Metabolic Equivalent of Task, ovvero un’unità di misura dello sforzo fisico. 1 MET equivale al consumo di 3.2 ml di O2/Kg/min, che è approssimativamente il consumo di O2 in condizioni di riposo.
Prevenzione della NAFLD
La NAFLD è una condizione che si sviluppa a partire dalla steatosi epatica (eccessivo deposito di tessuto adiposo a livello epatico) e che, malgrado possa condurre a steatoepatite, fibrosi e cirrosi, non ha ancora una terapia mirata, a eccezione di esercizio fisico e controllo del peso corporeo.
Attualmente non si ha una misura certa dell’impatto che l’esercizio fisico può avere sulla NAFLD. Quello che si può affermare con certezza è che la fitness cardiorespiratoria è un fattore che indipendentemente riduce il rischio di insorgenza di NAFLD6,7 e che questo beneficio è altresì indipendente dalla presenza di obesità8.
L’esercizio fisico correla anche con la prevenzione di altre 35 patologie croniche9, tra cui osteoporosi, depressione e ansia, ipertensione, alcune neoplasie, demenza.
È facile intuire che si rivela essere una pratica neccessaria per mantenere uno stato di benessere psico-fisico.
Visione muscolo-centrica vs integrata dell’impatto dell’esercizio fisico sulla nostra salute
Dire che l’esercizio fisico comporti un beneficio a livelllo muscolare può apparire scontato. Sempre più studi mostrano però come questo concorra a rilasciare nel nostro organismo una serie di citochine (chiamate per l’appunto “exerkines”), che fungono da molecole di segnale e contribuiscono ad adattamenti di diversi organi e a un complessivo stato di benessere.
Adattamento muscolare
Le contrazioni del tessuto muscolare per realizzarsi necessitano di energia. Questa viene ottenuta mediante glucosio (glicolisi aerobica e anaerobica, che comporta un aumentato uptake glucidico, sia mediante vie insulino dipendenti, che indipendenti) e acidi grassi.
La conseguenza è una migliore insulino sensibilità muscolare, una miglior capacità ossidativa glucidica e lipidica, una miglior qualità dei mitocondri muscolari (vedi articolo precedente) e un aumentato turnover dei lipidi intramuscolari.
A sua volta queste migliorie comportano una cascata di eventi a livello sistemico, quali miglior insulino sensibilità, miglior controllo glicemico, riduzione della trigliceridemia e miglior fitness cardiorespiratoria.
Adattamento epatico
Se per un’attività di breve durata il muscolo può fare affidamento sul contenutto intramuscolare di glucosio e acidi grassi, con il passare del tempo diventa fondamentale l’apporto di tali substrati energetici. Così prima avviene una mobilizzazione delle scorte epatiche di gluocosio (il fegato è l’organo di maggiore stoccaggio del glicogeno), cui segue un incremento della gluconeogenesi epatica.
I cambiamenti nel rate di gluconeogenesi dipendono da un aumento del glucagone e da un calo insulinico, che avvengono durante l’esercizio. L’esercizio fisico migliora progressivamente l’insulino sensibilità epatica10. Come a livello muscolare, stimola una riduzione dei processi lipogenici e al contempo aumenta l’ossidazione lipidica11-13.
Compito del fegato è anche riciclare alcuni metaboliti ed eliminare composti tossici, nonché produrre corpi chetonici, il cui scopo principale è supportare il metabolismo encefalico, specie se in una situazione di digiuno prolungato.
Adattamento del tessuto adiposo
Come abbiamo già detto prima, le richieste energetiche muscolari ed epatiche sono in parte soddisfatte dall’utilizzo degli acidi grassi non esterificati (NEFA) presenti a livello del tessuto adiposo.
Inoltre, un aumento dell’ossidazione epatica degli NEFA è necessaria per sostenere i costi metabolici della gluconeogenesi. Lo stoccaggio e l’utilizzo degli NEFA sono sotto il controllo insulinico e del peptide natriuretico atriale. Durante l’esercizio, un aumento delle catecolamine circolanti e del peptide natriuretico atriale e una contemporanea riduzione dei livelli insulinici, favoriscono un’aumentata lipolisi.
L’attività fisica è in grado anche di aumentare l’attività della lipoprotein lipasi (LPL), un enzima che stimola sì l’accumulo di grasso nel tessuto adiposo, ma al contempo anche l’utilizzo del grasso stesso a livello muscolare. L’effetto dopo una singola seduta dura 12-16 ore14. Questo spiega perché, anche in assenza di un calo ponderale significativo, l’esercizio aerobico può comunque indurre una riduzione della massa grassa, nonchè l’adiposità addominale (almeno negli uomini) e la dimensione delle cellule adipose (se associato un deficit energetico)15.
Adattamento pancreatico
Come già accennato in precedenza, l’esercizio fisico è in grado di regolare la sensibilità dei vari tessuti all’insulina stessa.
L’insulina e il glucagone sono i due ormoni che regolano la nostra glicemia, ovvero la concentrazione ematica del glucosio. La secrezione di insulina è regolata principalmente dalla quantità di glucosio “percepita” a livello delle cellule beta del pancreas.
Il pancreas è in grado di accomodare le richieste durante esercizio fisico, riducendo la secrezione di insulina e aumentando quella di glucagone. Nei soggetti con insulino resistenza e con diabete di tipo 2 l’esercizio fisico migliora l’insulino sensibilità e la funzionalità delle cellule beta16. La combinazione di un’aumentata insulino sensibilità e una miglior funzionalità delle cellule beta è definita come “disposition index”, il prodotto dell’insulino sensibilità moltiplicata per la quanità di insulina secreta in risposta alla glicemia17. A differenza di qualsiasi farmaco a nostra disposizione, l’esercizio fisico è l’unico in grado di agire contemporaneamente su entrambi i fattori18.
Adattamento endoteliale e del sistema cardiovascolare
Il sistema vascolare garantisce il corretto approvigionamento di ossigeno e substrati energetici al muscolo, sia durante esercizio che a riposo. È grazie a una fine regolazione del letto vascolare che il muscolo riesce a contrarsi in maniera efficace.
Ancora una volta l’insulina partecipa a tale regolazione. Questo spiega perché nei soggetti con insulino resistenza e/o obesità vi sia anche un’alterata funzionalità vascolare, oltre a una ridotta densità del letto capillare19. Ciò comporta una riduzione delle capacità di adattamento del muscolo alle varie richieste durante esercizio e a una progressiva alterazione funzionale, che impatta la qualità della vita, anche nelle semplici attività quotidiane.
Conclusioni
Abbiamo visto come il beneficio dell’esercizio fisico vada ben oltre il tessuto muscolare.
Il nostro organismo non funziona per compartimenti stagni. Tutti gli organi e gli apparati sono protagonisti di un continuo scambio di informazioni. Una disfunzione apparentemente locale è dunque in grado di ripercuotersi sull’intero sistema.
Con una sola medicina, l’esercizio fisico, siamo in grado di agire su tutto l’organismo, in maniera olistica, come nessun altro farmaco è in grado di fare.
Referenze
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